Il passaggio delle competenze in materia di formazione professionale dallo Stato alle Regioni (1972) rappresenta per la Scuola un avvenimento importante per garantire all’ istituzione una maggiore stabilità operativa e il riconoscimento del suo ruolo nel contesto economico-produttivo dell’ Alta Valle del Tevere. All’epoca la Scuola registra una frequenza media di 120 allievi fra meccanici, falegnami, muratori. Arriva però una inversione di tendenza nei numeri degli iscritti: i giovani in massa si orientano verso le scuole superiori tecniche e scientifiche, abbandonando gli indirizzi professionali. Ragioni d’ordine sociale, culturale, economiche sono alla base di questo cambiamento, che tuttavia introduce contraccolpi negativi nel mercato del lavoro e soprattutto crea difficoltà crescenti alle aziende nel reperimento di manodopera qualificata. In parte per far fronte alla mancanza di giovani allievi e in parte per riallacciare un efficace rapporto con il mondo produttivo, la Scuola Bufalini nel 1977 propone alla Regione un progetto sperimentale chiamato “Alternanza Scuola-Lavoro”. La proposta è accolta e trasferita in tutti i Centri di formazione regionali. Le novità previste dalla sperimentazione erano certamente rivoluzionarie, se si pensa al periodo storico in cui fu attivata e al fatto che solo oggi l’alternanza comincia a diffondersi nel mondo della scuola. I capisaldi del progetto erano sostanzialmente due: Il primo era la destrutturazione dell’andamento parascolastico dei corsi di formazione attraverso la scansione modulare dei cicli di formazione e non più biennale; il secondo era rappresentato dalla realizzazione di stages aziendali di lunga durata. Il nuovo modello formativo contribuiva positivamente a migliorare la preparazione degli allievi e contestualmente a permettere alla struttura formativa di ritarare i propri programmi didattici agli effettivi bisogni delle aziende.